I sopravvissuti della Shoah

Il giorno della memoria, che si celebra ogni anno il 27 del mese di gennaio, è la giornata istituita per commemorare la Shoah. Il termine “Shoah” viene utilizzato per indicare il più grande genocidio di cui la storia è testimone ed è anche ampiamente utilizzato per definire la distruzione sistematica e pianificata della popolazione ebraica. Gli ebrei erano considerati un popolo inferiore, una minaccia; Hitler li considerava i responsabili delle crisi economiche presenti in Germania e sosteneva che la loro eliminazione avrebbe favorito i grandi industriali. Lo sterminio degli ebrei rappresenta la violenza nazista. La propaganda ebraica si è concretizzata in forme di persecuzioni sempre più violente ai danni degli ebrei. Gli ebrei sono stati privati di tutti i loro diritti, dal 1935 sono stati esclusi dal diritto di voto e dagli impieghi pubblici, dall’esercizio di professioni liberali, dal commercio, dalle banche e dall’editoria. Inoltre, furono eliminati i matrimoni tra ebrei e tedeschi e quelli già celebrati furono resi nulli. Nei campi di concentramento, dove venivano portati gli ebrei, tra i quali ricordiamo Aushwitz, i prigionieri erano divisi in categorie: alla base stavano gli ebrei, poi c’erano gli zingari e omosessuali, gli “asociali”, gli avversari politici, i sacerdoti e i testimoni di Geova e infine i criminali comuni. Nelle baracche mancava l’igiene, il riscaldamento. La maggior parte degli ebrei erano malati o malnutriti, anche a causa del lavoro forzato portato ai limiti insostenibili delle umiliazioni e dai maltrattamenti continui. Alla fine di questo percorso Hitler avviò “la soluzione finale” che era l’effettivo sterminio. Solo nel 1942 i gruppi delle SS fucilarono 700.000 ebrei. Furono poi costruiti i primi veri e propri campi di sterminio in Polonia, dove gli ebrei venivano eliminati in serie, tramite le camere a gas e i forni crematori, per arrivare a un totale di circa 14 milioni di ebrei sterminati. Alcuni dei pochi sopravvissuti hanno lasciato testimonianze di ciò che è successo, e questo deve portarci a meditare, ad assimilare e far sì che non si ripeta mai più un avvenimento del genere che ha, senza ombra di dubbio, lasciato un segno indelebile in quello che è il libro della storia del XX secolo, un libro che tutti dobbiamo scolpire nelle nostre menti. Primo Levi, che ci ha lasciato innumerevoli testimonianze di questi orrori, diceva “Meditate che questo è stato”. Egli ci induce a riflettere sul significato profondo di queste parole, da scolpire per sempre nei nostri cuori e continuare a ricordare, tenere sempre fresco il ricordo di chi ha davvero lottato per riprendersi la vita, chi ha lottato per la propria famiglia e per se stesso. Meditiamo sul fatto che è passato e che non deve ripetersi. Nessuno potrà mai comprendere fino in fondo, Primo Levi ci dice “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. E ancora Liliana Segre, sopravvissuta alla shoah testimonia: “Nel 1944, quando fummo deportati a Birkenau, ero una ragazza di 14 anni, stupita dall’orrore e dalla cattiveria. Sprofondata nella solitudine, nel freddo e nella fame. non capivo neanche dove mi avessero portata: nessuno allora sapeva di Aushwitz.”
Tra alcuni uomini che hanno aiutato gli ebrei, ricordiamo Gino Bartali che trasportò, all’interno della sua bicicletta, dei documenti falsi per aiutare gli ebrei ad avere una nuova identità. Questa attività sarebbe nata dalla sua collaborazione clandestina DELASEM, questa straordinaria attività a favore degli ebrei è stata descritta del libro “Gino Bartali mio papà”, scritto dal figlio, Andrea Bartali. Il dono della vita, per quanto scontato possa apparire agli occhi dei più, è un regalo che va protetto e custodito. E’ una missione che l’essere umano è chiamato ad assolvere sin dal primo vagito.

Durante la seconda guerra mondiale questo dono è stato tolto a milioni di povere creature, per questo si ricorda, si custodisce per sempre questo giorno, poiché non si debba più essere costretti a camminare su uno di quei lugubri luoghi e sentire un brivido percuotere i nostri corpi ed inorridire le nostre menti. Ci siamo mai chiesti cosa effettivamente sia la memoria? Cosa hanno provato i prigionieri? Abbiamo mai pensato al perché profondo dell’azione nazista? Sono sicura che se qualunque persona provasse a immedesimarsi, anche solo per un momento, in ciò che è successo, che se qualcuno utilizzasse un’immaginaria macchina del tempo per tornare sui terreni ricoperti di corpi, nelle camere a gas camuffate da docce. Se qualcuno guardasse, attraverso un filo spinato, i propri cari soffrire, consapevole di non poter muovere un dito, sono sicura che un tormentato e lugubre pensiero ci assalirebbe e distruggerebbe la mente, obbedire e tacere ci scuoterebbe dentro; se tramite questa macchina del tempo tornassimo nel passato per poi ritornare nel presente, ciò che abbiamo vissuto non si cancellerebbe mai più. Una testimonianza ci fa rabbrividire e viverlo invece? Se mi immedesimo sento un pugno nello stomaco, un senso di solitudine e disorientamento che mai più passerà; chi ha vissuto sa, non cancelliamo ciò che è stato, mettiamo il segnalibro per sempre in questa pagina della storia e non togliamolo mai più. Mettiamoci in quei panni stracciati che coprivano i corpi mingherlini e deprivati dei prigionieri, immedesimiamoci nel vero significato della vita, pensiamo che c’è stato chi si è accontentato di un nulla, chi ha vissuto il dramma della desolazione e della disperazione, della solitudine e della costernazione e poi, dalle mani grandi del Signore, ha ricevuto la possibilità di trasformare la propria esperienza di vita nella più grande opera d’arte di sopravvivenza umana mai narrata alle generazioni a venire.

Articolo scritto da Carla Fassari classe 3A