Adagio

Poteva una vita spezzarsi come un filo d’erba? Alla vita di Rosalia è successo, anzi, é stata spezzata. Era il 1870, un periodo dove il fenomeno della monacazione forzata era molto diffuso. Questa è la storia di Rosalia, una ragazza in età da marito di una famiglia dell’alta borghesia siciliana. Suo padre, però, pensava che avrebbe avuto difficoltà a trovarle uno sposo. Infatti, Rosalia era nata con un piccolo difetto fisico: aveva una gamba più corta dell’altra e questo la portava ad avere un’andatura claudicante. Rosalia aveva molti sogni ma il più ambito era quello di diventare medico. Naturalmente era un sogno irrealizzabile. I soldi c’erano solo per far sposare Calogero, suo fratello. Rosalia sapeva che la sua “libertà” avrebbe avuto vita breve, da lì a poco l’avrebbero sicuramente mandata in un collegio. Infatti, pochi mesi dopo il matrimonio di Calogero, la madre Annunziata piombò nella stanza di Rosalia obbligandola a fare di corsa le valigie. Appena Rosalia accennò a prendere i suoi amati libri, suo padre Carmelo glielo impedì dicendole che nel posto dove stava per andare non le sarebbero serviti. Rosalia allora capì che per la sua famiglia, la sua curiosità e la sua sconfinata intelligenza erano un grosso fardello. L’8 marzo 1870 la vita di Rosalia finì ed incominciò quella in monastero, cento volte peggio di quella in collegio che aveva immaginato. Abbandonare i suoi libri e quel minimo di cultura che le veniva concesso era doloroso quanto una lama nel petto. Piano piano le giornate divennero tutte uguali e sempre più tristi. Oramai la sua libertà era morta con la sua anima. Era solo un corpo vuoto; il monastero era una tomba e lei era stata chiusa lì dentro ancora viva e piena di voglia di fare. In fondo era come essere seppelliti vivi. Il sole le sembrava spento, i sogni senza stelle e lei senza una singola emozione. Ogni notte lei vedeva suo fratello che con un ghigno le ricordava quanto fosse sbagliata, inutile, sola e pazza. Tutti i suoi desideri precedenti erano ora sostituiti dal sogno di vivere in lui, in suo fratello. Lui aveva tutto ciò che un uomo potesse desiderare mentre la sua vita era una tortura lenta e dolorosa. Chiudere gli occhi significava rivedere suo fratello e riascoltare i suoi insulti. La notte era un momento per progettare una maniera per fuggire, ma ogni suo tentativo di scappare era vano: quel monastero era una fortezza. Rosalia non si rendeva conto che si stava spegnendo adagio nella sua pazzia. Ora suo fratello era ovunque e lei non ne poteva più di soffrire vedendolo. Un giorno lo vide in un corridoio e gli urlò contro tutto ciò che le passò per la testa, fin quando una monaca non la trovò e non la rinchiuse in una cella di clausura per la sua follia, nonostante le sue proteste. Come potevano non capire!? Suo fratello la perseguitava, non solo di notte ormai. Che rinchiudessero lui! Come faceva quello spettro ad essere ovunque!? Era il 1872 quando, dopo quasi 2 anni che non dormiva, uno sprazzo di lucidità si affacciò nella mente di Rosalia. In quei pochi secondi capì ciò che aveva fatto della sua vita. Un sollievo… sembrava essere guarita da tutte le sue afflizioni. Ma durò poco e capì che per lei era troppo tardi: era solo la miglioria della morte. Dopo alcuni brevi istanti, si spense in solitudine nella sua cella, finalmente in pace.

Scritto da Gloria Scaringi, 2D