In occasione della Giornata della memoria e dell’impegno per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie, la nostra scuola ci ha dato la possibilità di discutere di questo drammatico fenomeno.Abbiamo scelto alcune delle vittime, le abbiamo approfondite e in particolare abbiamo letto in classe con la professoressa Impellizzieri la lezione di Giuseppe Fava, molto vicino a noi poiché siciliano. In attesa della visita della nipote, nonché la rappresentante della Fondazione Fava, dopo aver approfondito questo argomento io e i miei compagni abbiamo scritto delle riflessioni.
Giuseppe Fava è stato uno scrittore, giornalista, drammaturgo, saggista e sceneggiatore italiano, ucciso da Cosa nostra.
Fu un personaggio carismatico, apprezzato dai propri collaboratori per la professionalità e il modo di vivere semplice.
Alle ore 21.30 del 5 gennaio 1984 Giuseppe Fava si trovava in via dello Stadio e stava andando a prendere la nipote che recitava. Aveva appena lasciato la redazione del suo giornale. Non ebbe il tempo di scendere dalla sua macchina che fu ucciso da cinque proiettili alla nuca. Inizialmente, l’omicidio fu etichettato come delitto passionale, sia dalla stampa che dalla polizia. Si disse che la pistola utilizzata non fosse tra quelle solitamente impiegate in delitti a stampo mafioso. Si iniziò anche a cercare tra le carte de I Siciliani, in cerca di prove: un’altra ipotesi era il movente economico, per le difficoltà in cui versava la rivista.
Il funerale si tenne nella piccola chiesa di Santa Maria della Guardia e poche persone diedero l’ultimo saluto al giornalista: furono soprattutto giovani e operai ad accompagnare la bara. Inoltre, ci fu chi fece notare che spesso Fava scriveva dai funerali di stato organizzati per altre vittime della mafia, a cui erano presenti ministri e alte cariche pubbliche: il suo, invece, fu disertato da molti.
‘’Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici di buon governo.’’
Prendendo spunto da ciò che abbiamo letto in classe vorrei estendere una mia riflessione su Pippo Fava, una persona che ha lottato contro la mafia senza arrendersi mai.
Pippo ci spiega che la mafia esiste da moltissimi anni e nel nostro piccolo tutti ne siamo complici. La mafia fa parte della nostra cultura, come presupposto umano la mafia ce la portiamo dietro da anni e anni. Siamo sempre stati invasi, saccheggiati, dominati ed educati ma va ricordato che la nostra civiltà È una delle più composite, quindi anche una delle più arcane, delle più affascinanti del genere umano, perché siamo il depositare di tutto il sapere, di tutte le bellezze di tutte le più grandi civiltà terrestri. La mafia è ancora padrona della Sicilia, profondamente.
Credo che Pippo Fava è stato senza dubbio un uomo in gamba chiama lottato senza aver paura di diffondere le sue idee. Non sempre riusciamo a scorgere nella nostra quotidianità il rapporto con la mafia, a meno che non consideriamo il comportamento mafioso come un fatto culturale che può riguardarci tutti. Nel nostro piccolo ognuno di noi non dovrebbe essere indifferente.
E’ l’indifferenza uno dei problemi che porta avanti la criminalità organizzata. Non dovrebbe essere un uomo corrotto. La corruzione è un altro problema gravissimo. Insomma, penso che siamo noi futuro, le persone che devono COMBATTERE e LOTTARE affinché possa esserci una fine a questo brutto incubo.
Testo di Gaia Scilletta 3A
Riflettendo sulla lettura svolta in classe della trascrizione del discorso di Fava a Palazzolo Acreide ho potuto notare quanto le sue parole, che risalgono a diversi anni fa, siano tutt’oggi corrispondenti alla triste realtà della Sicilia ed in particolare di Catania. Come diceva lui, noi siciliano siamo tutti mafiosi, è inutile ribellarsi a coloro che, dal resto dell’Italia ce lo dicono. Però, credo che non sia una cosa totalmente negativa. Secondo me, finché rimane un modo di essere o un atteggiamento e non dilaga in organizzazioni a delinquere, è un temperamento caratteristico del siciliano o del meridionale in genere. Non dico che difendo chi è omertoso, chi, pur di non denunciare un crimine o un comportamento sbagliato, ci va di mezzo. Rimango però della mia convinzione che questo modo di essere, come diceva Fava, “persiste da 3000 anni” e costituisce una nostra caratteristica.
Leggere la lezione di Fava è stato molto interessante, perché, come anticipato, mi ha permesso di fare delle comparazioni tra passato a presente, accorgendomi che tutto ciò che lui condanna è ancora presente e come la muffa fa marcire la Sicilia. È come un cancro, nonostante le lotte dei molti magistrati, giornalisti, forze dell’ordine, ancora la malattia persiste e continua lentamente, anche dopo aver subito degli indebolimenti, a propagarsi e a recuperare la posizione strappatale con fatica. Infatti, dopo che i grandi Capi Mafia sono stati arrestati, se ne sono fatti avanti altri, magari più deboli ma pur sempre malavitosi.
Ho molto pensato ha certe realtà della Sicilia, ma non solo, descritte da Fava, per esempio Palma di Montechiaro. Le estreme condizioni di miseria di questi paesi sono sì, un bel dispiacere per i cittadini della Sicilia ma, secondo me, non per tutti. Perché avere a disposizione persone così povere fa comodo alla Mafia in quanto questi sono i “picciotti” pagati per ammazzare, per rapire per suo conto. Sono delle risorse, proprio perché le loro estreme condizioni di povertà rendono più facile convincerli a commettere azioni abominevoli in cambio del denaro a loro indispensabile per vivere. Bisognerebbe, secondo me, chiamare lo Stato ad intervenire economicamente in questi paesi per evitare che questi poveri cittadini debbano rivolgersi alla Mafia per ottenere aiuti del genere.
Per concludere, la lotta alla Mafia non deve mai fermarsi e bisogna che tutti partecipino, perché questa terribile malattia, come accusava lo stesso Fava, attanaglia il governo, tante figure politiche, ministri, senatori, sono ancora oggi alleate con la Mafia ed agiscono secondo gli interessi di quest’ultima ai danni di tutto il paese, non solo per la Sicilia, la Campania, la Puglia, la Calabria,… L’intera Italia deve combattere affinché si possa vivere in un paese democratico dove c’è libertà di parola e dove chi comanda è qualificato e soprattutto giusto ed onesto.
Testo di Francesco Agati 3A
Dopo aver letto il libretto fornitoci dalla scuola, oltre a comprendere meglio il pensiero di Giuseppe Fava, ho capito meglio la storia della mafia e le condizioni in cui vive, molto favorevoli ad essa. Ho capito come la mafia ormai, non come molti pensano, si è diffusa in quasi tutte le nazioni del mondo. Inoltre ho capito come noi, non accorgendocene, viviamo in un sistema dove la mafia comanda e noi la assecondiamo. Ho capito quanto potenza ha la mafia, domina tante reti commerciali, amministra la vendita di armi verso tanti paesi, e inoltre quanti soldi ha e quanti ne fa girare. Un tratto del libro molto importante, che mi ha fatto capire tante cose del mondo del lavoro ma in generale della società è che tutti, tranne rarissimi esempi, se ci fosse la possibilità di avere una raccomandazione, a costo di votare qualche politico mafioso o di fare qualsiasi altra cosa a favore della mafia, faremmo qualsiasi cosa pur di ottenerla. Sembra una cosa scontata, ma nella società di oggi dove si dice che la mafia ormai non comanda più come prima, che vive solo nei paesini più sperduti del mondo, l’affermazione di Fava fa molto scalpore. Ci fa capire come noi tutti, alla fine, siamo modellabili a favore della mafia. E allora, dopo aver riflettuto sulle parole di fava, si, siamo tutti mafiosi. Ovviamente non ai livelli di Totò Riina, oppure di altri grandi mafiosi, ma anche solo il fatto di essere complici, e perciò di votare a favore di un mafioso, definibile una cosa normale e poco incisiva sulla società nazionale, ci rende mafiosi.
Testo di Omar Palmisano 3A
Leggendo il discorso tenuto da Giuseppe Fava il 23 dicembre 1983 a Palazzolo Acreide ho finalmente chiaro cosa significa essere mafiosi. Fava è stato capace di far capire a dei ragazzi cos’è la mafia, com’è nata e come si è evoluta utilizzando parole semplici. È riuscito, ad inizio discorso, anche ad attirare l’attenzione dei ragazzi raccontando il suo primo esordio teatrale proprio nel teatro dove quei ragazzi erano seduti ad ascoltare le sue parole. Di Fava mi è piaciuto il suo modo di pensare, di ragionare e di parlare in maniera coinvolgente ed appassionante. Concordo sulla frase da lui detta “noi tutti siciliani siamo mafiosi”. Con questa frase Fava intendeva dire che la mafia ormai fa parte della nostra cultura e del nostro essere da moltissimi anni (anche secoli).
Purtroppo la mafia incute terrore ed è per questo che molti diventano omertosi, per paura. Anche se la mafia è pericolosa, bisogna denunciare, raccontare, urlare quello che mafia commette. Solo così un giorno, ancora lontano, la mafia cesserà di vivere; solo così smetterà di uccidere, di minacciare, di rapire e di terrorizzare le persone.
Testo di Roberto Scaccianoce 3A
Per gentile concessione del fotografo Giovanni Pocina pubblichiamo il video della giornata della memoria